venerdì 18 novembre 2011

‘La’ Barbera o ‘il’ Barbera?

Ma si dice 'il' Barbera o 'la' Barbera? Il vino in quanto tale deve essere pronunciato al maschile o esiste anche la versione femminile? Nel linguaggio corrente, quando lo si nomina al maschile, si vuole indicare il vitigno, mentre quando lo si coniuga al femminile si vuole identificare direttamente il vino. Il carattere di questo vino, diventato in tempi relativamente brevi, molto popolare e diffuso presso una vasta fascia di popolazione sarebbe sicuramente maschile, data l'ignoranza al gusto del passato, quando era un prodotto tannico e frizzante.
Se si dà credito alla versione popolare però, diventa subito evidente il ‘sesso’ del vitigno: una volta si cantava: “… e la Barbera an pò veiota, fa stè alegher/fa stà en piota, fa pasà/tuti i sagrin…”. Ma la questione non è da ritenere risolta solo dando credito alle filastrocche popolari, visto e considerato che il tema ha diviso, nel corso degli anni, studiosi, poeti e letterati. Giovanni Pascoli così la descrive nell'ode A Ciapin, composta per ricordare Giuseppe Galliano, morto ad Adua nel 1896 "Serba la tua purpurea Barbera/Per quando un giorno, che non è lontano/Tutto avvolto nella sua bandiera/Torni Galliano".

Paolo Monelli sposa la tesi per cui la Barbera è ‘uno dei pochi vini di sesso femminile’ anche se nella sua opera O.P. ossia il vero bevitore così la definisce “… è il fante dei vini piemontesi, pista pauta e scaccianebbie, burbero, tutto vino, nel colore scuro, nelle macchie che fa sulla tovaglia, nell'afrore che dà al fiato, nel profumo forte…” riconoscendogli caratteristiche di robustezza e vigoria così decise che sembrano quasi farla pendere sul versante maschile.
Il Prof. Calosso rinforza con maggior ardore l'affermazione della doppia identità: "La Barbera è un tipo di vino più maschio, benché il suo nome sia di genere femminile, e nessuno barbera di grammatico abbia il diritto di farlo maschile dicendi il Barbera, come dicono parecchi a torto. La maschia Barbera è di genere femminile tra gli indigeni e tale deve rimanere." Anche il Di Rovasenda, studioso vissuto alla fine dell'Ottocento, e lo scrittore Mario Soldati, concordano con la teoria della Barbera al femminile.
Di tutt'altro avviso altri letterati, con in testa il Carducci, che afferma, in una lettera scritta ad una signora come "...quando ho l'onore di pranzare solo a solo con te: non va allora il Chianti e il Barbera è troppo duro" anche se, in età avanzata, si lasciò sfuggire un complimento al femminile, definendola anche ‘generosa’. Dello stesso avviso lo scrittore piemontese Giovanni Arpino scrive "Oso borbottare anche perché ormai gli stessi enologi borbottano. Altrimenti, dove si troverebbe il coraggio di parlare male del Barbera, del Freisa, del Barolo, del Barbaresco?"
D'accordo con la mascolinità del vino si trovano anche Emilio De Marchi, Panzini, Castellaneta, Gianni Brera. Il grande giornalista sportivo lo definiva "vino di tutti i giorni che può anche essere fenomenale". Una sorta di mediazione tra le due versioni è la definizione data da Aldo Gabrielli: "Siamo nel buio più fitto...E allora, a mio avviso, non ci resta che accettare l'uso concordatamente femminile del luogo di produzione, tanto per il vitigno, quanto per il vino....Schieramoci dunque piemontesemente con ‘la’ Barbera, e che buon pro vi faccia".
Luigi Veronelli, capostipite dei giornalisti del vino in Italia, ha modo di utilizzare entrambe le espressioni. Sua è la frase "La Barbera, la prima, la più immediata nel ricordo è quella astigiana". Non mancano citazioni anche da parte di personaggi fuori dal giro enologico: lo stilista Ottavio Missoni così la promuove: " Si deve sapere che è un vino importante adatto a ruoli di primo attore" mentre per Cesare Romiti "Ha recuperato l'immagine di quello che veramente è: un grande vino italiano". Sempre andando a ritroso nel tempo, è interessante notare come il ruolo umile e proletario della Barbera sia stato sottolineato da un grande cantautore come Giorgio Gaber in ben due canzoni che la vedevano protagonista: ‘Barbera e Champagne’ e ‘Trani a gog
ò’. 

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