lunedì 21 novembre 2011

Facciamo due conti

E' sempre più difficile dare il giusto prezzo alle cose. Forse per il vino, come per altri prodotti, la cosa corretta sarebbe parlare di rapporto qualità/prezzo.
Spesso ci è capitato di puntare il dito contro aziende, spesso blasonate, che mettono in commercio i propri vini a prezzi stratosferici. Però, un vero e proprio fenomeno di 'follia collettiva' sostiene che 'un vino è buono solo se costa tanto'.
Ma a volte si esagera anche nella direzione opposta e nel rapporto tra la qualità e il prezzo si rischia di far pesare troppo quest'ultimo.
In una rivista di settore compare una fotografia scattata in un supermercato
di una grossa catena (oltre 500 punti di vendita in Italia) di una bottiglia di Lambrusco Salamino di Santa Croce DOC, con tanto di fascetta del Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi Modenesi, proposta a 0,79 euro (1,05 euro al litro).
Dunque, fatti i dovuti calcoli, e considerando che il supermercato in un caso come questo riduce il suo margine di guadagno a circa il 15/20 % si arriva a stimare che il prezzo del liquido venduto all'interno di quella bottiglia è di poco superiore a 5 centesimi. Incredibile!
Senza sindacare sulla qualità  del vino contenuto in quella bottiglia è comunque necessaria una riflessione. In casi come questo tutti gli attori della filiera viaggiano sul filo del rasoio, lavorando con margini bassissimi e rischi molto alti. Chi ci rimette di sicuro, però, è l'ultimo gradino della scala, ossia il produttore dell'uva. La persona che con dedizione ha lavorato un anno intero la propria vigna per vedersi riconoscere una miseria al momento della raccolta. E con lui tutti gli altri produttori che per colpa di realtà come questa si trovano a operare in un mercato pesantemente viziato. Che valore può avere una fascetta consortile su una bottiglia come questa? Non è difficile immaginare, infatti, la confusione che crea sullo scaffale un vino, che, anche se in offerta, viene proposto a meno di un terzo del prezzo medio di tutti i concorrenti.
Queste parole non vogliono essere un attacco alla grande distribuzione ma solo uno spunto per riflettere. Non si può rimanere in silenzio davanti a politiche commerciali che rischiano di rovinare definitivamente un mercato che già  si trova a vivere una situazione molto difficile.

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