giovedì 1 dicembre 2011

Il vino dà lavoro a 1,2 milioni di persone


Con un aumento del 50 per cento in dieci anni nel settore del vino Made in Italy trovano oggi opportunità di lavoro 1,2 milioni di persone impegnate direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, ma anche in attività connesse e di servizio, dato che ogni grappolo raccolto in campagna è in grado di attivare ben 18 diversi settori.

Lo rivela uno studio della Coldiretti dal quale emerge come a crescere in modo esponenziale siano state soprattutto le attività indotte che si sono estese negli ambiti piu’ diversi: dall’industria vetraria a quella dei tappi, dai trasporti alle assicurazioni a quella degli accessori, dai vivai agli imballaggi, dalla ricerca e formazione alla divulgazione, dall’enoturismo alla cosmetica e al mercato del benessere, dall’editoria alla pubblicità, dai programmi software fino alle bioenergie ottenute dai residui di potatura e dai sottoprodotti della vinificazione (vinacce e raspi) che potenzialmente possono offrire da 2,4 a 3,2 milioni di tonnellate di biomasse ogni anno.
Per effetto della rivoluzione che è avvenuta nel mondo del vino negli ultimi 5 anni è raddoppiata la domanda di formazione con ben 20 corsi di laurea su viticoltura, enologia, enogastronomia, alimentazione attivi nelle Università mentre post laurea sono attivi 449 corsi sul tema vino, di cui 212 specifici sull’enologia e 75 per i sommelier. A questi si aggiungono i corsi di specializzazione delle associazioni di settore tra le quali l’Associazione Italiana Sommelier (AIS) che svolge 5.000 corsi ogni anno e oggi si contano 32mila sommelier tra appassionati e professionisti impegnati nella ristorazione.
In Italia ci sono 250mila aziende agricole con vigneti che offrono occupazione a circa 200mila lavoratori dipendenti, dei quali 20mila extracomunitari: nel solo distretto di Montalcino lavorano immigrati di 44 diverse nazionalità. Di queste ben 21.600 aziende agricole vendono direttamente il proprio vino ai consumatori mentre le altre lo cedono alle 35mila aziende imbottigliatrici presenti in Italia che impiegano operai, agronomi, enologi, responsabili di marketing, informatici e wine manager. Un contributo importante all’occupazione del vino proviene dai comparti collegati degli accessori che nel nostro Paese genera un giro di affari di 2,6 miliardi di euro con l’Italia che è il primo utilizzatore di tappi di sughero (1,5 miliardi di pezzi), ma l’effetto traino riguarda anche etichette, bottiglie, cavatappi, decanter, grembiuli e, addirittura, sciabole.
Sono però le attività legate all’indotto meno tradizionale ad avere avuto una vera e propria esplosione negli ultimi dieci anni con la nascita del fenomeno dell’enoturismo che ha realizzato nel 2009 un fatturato di 1,8 miliardi di euro “muovendo” sei milioni di turisti con un incremento del 20%, anche grazie a 150 strade del vino e oltre 500 città del vino. In grande espansione è anche l’industria della cosmetica e del benessere con il moltiplicarsi di centri di vinoterapia e l’arrivo di nuovi e curiosi prodotti per la cura del corpo, dal sapone al Sagrantino alla crema di bellezza alla Barbera fino al dopobarba all’Amarone.
La crescita del settore del vino ha anche spinto l’editoria di settore con la nascita di riviste specializzate e di guide, ma anche di siti web dedicati mentre è letteralmente esplosa la spesa in pubblicità negli ultimi dieci anni che è stimata su una percentuale del 4-5 per cento del fatturato, con il fiorire di opportunità di lavoro anche per agenzie, creativi, fotografi e modelle.
Il vino sta però anche diventando la nuova frontiera di investimento finanziario gettando le basi per la creazione di nuove figure professionali. Sono nati i primi fondi di investimento specializzati nel settore del vino a sostegno di progetti innovativi (in Canada: FCC Ventures; in Usa: Dakota Ventures; ecc.) e uno studio dell’American Association Wine Economists ha dimostrato, attraverso la costruzione sperimentale di un nuovo indice “General wine index”, che diversificare il portafoglio di investimento con titoli su vini pregiati permette di aumentare la redditività. Secondo uno studio di MedioBanca in dieci anni investire nelle società del settore vinicolo quotate in borsa ha consentito di raddoppiare il capitale a fronte di una media modesta di rendimento del 5% dei listini internazionali.
“Come lo era durante la fase di crescita economica, il vino rappresenta l’unico modello da replicare anche in una situazione di crisi della quale, nonostante le difficoltà, il vitivinicolo Made in Italy risente meno di quello di altri Paesi e meno degli altri settori produttivi in Italia, perchè esprime i valori dell’identità e del legame con il territorio che nel mercato globale sono vincenti rispetto all’omologazione”. E’ quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare “la dinamicità di un settore che  grazie alla crescita economica ed occupazionale è una risorsa per l’intero Made in Italy per il quale svolge una funzione da traino sui mercati nazionale ed internazionale”.

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