martedì 22 novembre 2011

Dei rosati ci si può innamorare

In un un giorno imprecisato intorno al 1670 Luigi XIV di Francia, il Re Sole, si aggirava in incognito, vestito come un qualsiasi borghese curioso, per il cantiere di quella che sarebbe divenuta la reggia di Versailles. A un certo punto il sovrano si fermò a chiacchierare con una squadra di operai e questi gli offrirono una coppa di vino del loro villaggio. Quel vino era un Rosé de Riceys, un raro rosato fermo prodotto da uve pinot nero nella punta meridionale della Champagne.
Dopo quell'incontro fortuito, il vino dei manovali diventò una presenza fissa sulla tavola del Re, il quale diede immediatamente ordine che non ne mancasse mai nelle cantine del palazzo e che gli fosse servito ogni giorno, con ogni tipo di pietanza.
Nessuno saprà  mai con certezza se l'aneddoto sia nato da un episodio vero o da una ricostruzione fantasiosa.
Certo ha molti elementi che lo rendono almeno verosimile. Luigi XIV aveva davvero l'abitudine di aggirarsi in incognito per ascoltare la "voce del popolo"; così come è vero che il Rosé de Riceys era il suo vino preferito, non importa quali pietanze avessero preparato i cuochi.
Proprio questa grande facilità  di abbinamento è una delle chiavi del fascino dei rosati. Difficile trovare altri vini che siano capaci di stare bene tanto insieme a un piatto di pesce o a un antipasto di verdure quanto a una grigliata di carne. Quando non sappiamo bene che vino scegliere; quando ci vorrebbe un rosso ma la calura estiva fa preferire un vino più fresco e leggero; quando siamo di fronte a un piatto come una pasta con il pomodoro che rischia di fare a pugni con i tannini dei rossi sia con l'acidità dei bianchi; o ancora quando dobbiamo trovare un vino che metta d'accordo piatti completamente diversi fra loro come spesso capita in un tavolo di amici al ristorante: in tutte queste e in molte altre situazioni, un rosato sarebbe spesso una soluzione brillante.
Eppure questa stessa versatilità  finisce spesso per essere motivo di emarginazione, come se quel loro essere né rossi né bianchi ne facesse qualcosa come dei vini 'fuori casta', quasi un ripiego o un vezzo un po' bizzarro. I numeri infatti dicono che, nonostante i ripetuti annunci dell'imminente scoppio della moda dei rosati, la realtà  è che il mercato dei rosati è e resta una piccola nicchia. Parliamo della situazione italiana perché in Francia almeno una bottiglia su cinque acquistate è un rosé.
Chi scrive di rosati ci tiene a precisare che non sono "né rossi né bianchi"; per quanto ben intenzionata, però, la doppia negazione finisce per contribuire a rinforzare il pregiudizio di scarsa personalità che perseguita i rosati. Se proprio li vogliamo definire per paragone con le tipologie più comuni, bisognerebbe rovesciare il punto di vista e dire che i rosati "sono sia rossi che bianchi". Infatti hanno la fragranza dei bianchi, con profumi però modulati sulle tonalità  di fiori e frutti rossi. In bocca uniscono la corposità  e rotondità  dei rossi alla freschezza dei bianchi, con un'acidità  percepibile ma generalmente più morbida. E poi hanno la bellezza del colore che può spaziare in una gamma molto vasta di tinte e sfumature.
La versatilità  dei rosati è ulteriormente accentuata dalla loro capacità  di adattarsi, cambiando faccia, a una grande gamma di temperature. Serviti decisamente freddi, fra 6 e 8 gradi, si esaltano le loro doti di freschezza e leggerezza e sono perfetti come aperitivo. Mano a mano che si sale con la temperatura i profumi diventano più caldi e avvolgenti e in bocca emerge la corposità .
Una leggenda che ancora fatica a staccarsi del tutto dall'immagine popolare dei rosati, è quella della nascita dalla miscela di vini bianchi e rossi. In realtà  si tratta di una pratica vietata dalla legge in Italia, come in tutti i Paesi produttori. Unica eccezione ammessa, l'assemblaggio di vini base bianchi e rossi destinati alla produzione di spumanti rosé. In tutti gli altri casi i vini rosati nascono da particolari tecniche di vinficazione delle uve che, queste sì, possono essere un misto di varietà  rosse e bianche. Di solito però si tratta di uve a bacca nera e il colore del vino nasce dall'applicazione di una delle due principali tecniche di vinificazione, la pressatura diretta o il 'salasso'.
Insomma, ce n'è quanto basta per considerare almeno una bottiglia di buon rosato qualcosa che non deve mancare mai dal frigorifero, pronta a venirci in soccorso per risolvere brillantemente qualsiasi situazione imprevista. Olre che ad essere stappata solo perché ne abbiamo voglia, s'intende!

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