lunedì 21 novembre 2011

Vino, chips e... fantasia!

Impazza sulla stampa, nei circoli enofili, nelle sedi autorevoli e non, la discussione sulla maturata proposta da parte dell’Unione Europea relativa all’uso dei ‘chips’, trucioli o parti di legno, nella elaborazione dei vini. Come spesso accade, le reazioni sono viscerali ed isteriche, lontane dal pragmatismo produttivo. Molti istintivamente dissertano su questo ‘ennesimo’ tentativo di contraffazione, suggeritoci dalla perfida e squalificata produzione vinicola extra-europea, che fa ingiusta concorrenza alle nostre superbe produzioni qualitative, truffando il consumatore.
Introdurre anche in Europa questo cavallo di Troia, vuol dire devastare il nostro patrimonio qualitativo!
Autorità ed Organizzazioni promettono barricate e dure battaglie a Bruxelles "in difesa della barrique". Come sempre, andiamo contro i mulini a vento, come già in passato con la battaglia sui termini generici, sulle pratiche enologiche Usa, sul ‘patrimonio esclusivo’ dei vitigni autoctoni ed altre amenità!
L’Italia si fa paladina della difesa della ‘barrique’ tecnica nata in Francia e largamente propagandata dall’enologia californiana, da noi adottata e compresa solo di ricasco. Il nostro patrimonio dei preziosi fustini di legno conta su una consistenza certamente inferiore a quella della California, dell’Australia, del Cile, e sicuramente sopravanzata largamente in Europa da Francia e Spagna.
La preoccupazione di una sleale concorrenza non ha senso, e non occorrono norme speciali di etichettatura: la differenza sta nella qualità del prodotto, che il consumatore è in grado di valutare. L’uso dei ‘chips’ di legno non sostituisce ‘l’élevage en futs’, perché il risultato qualitativo è nettamente diverso.
Chiunque abbia visto le monumentali cattedrali di barriques in California come in Australia, sa perfettamente che, nonostante l’uso abituale dei trucioli, le barricaie continuano ad essere ampliate.
Il problema di fondo resta l’elevato costo della elaborazione dei vini in fustini di rovere francese: da 1,0 ad 1,5 euro per litro di vino. Questo costo è sopportabile solamente per i vini di qualità, venduti sui 4-5 euro, che vanno al consumatore oltre i 10 euro.
Per i vini di prezzo minore, si potrebbe ricorrere ai trucioli. Ma che necessità c’è di mettere il legno di quercia a contatto con il vino? Non è per dare il sapore di legno, come semplicisticamente qualcuno pensa. I tannini del legno si combinano ottimamente con antociani e tannini del vino, concorrono ad aumentare e stabilizzare il colore, a dargli maggiore profondità, ad evolvere ed arrotondare il gusto, a conferire maggiore consistenza e resistenza all’invecchiamento, eleganza di presentazione e di apprezzamento. Si tratta di uno stile qualitativo ormai affermato e largamente apprezzato dai consumatori, altrimenti i produttori non sarebbero costretti a spendere capitali enormi nei preziosi fustini.
Il processo avviene in maniera più perfetta ed elegante, lentamente, con tutto l’accompagnamento tecnologico richiesto nelle preziose ‘barriques’, ed in maniera più rozza ed imperfetta, utilizzando i trucioli dello stesso legno.
Già più di dieci anni fa, una commissione scientifica dell’Oiv (Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino) ha stabilito che, chimicamente, non esiste differenza alcuna tra la molecola originata dal fusto e quella ottenuta dal truciolo.
I ‘chips’ rappresentano quindi, una opportunità per masse di vino europeo che oggi subiscono una agguerrita concorrenza da parte di produzioni delle nuove viticolture, che usano i trucioli da decenni, e vincono, sul mercato, per le caratteristiche qualitative migliori. Resta di fatto che il vino, quello con la ‘V’ maiuscola, non e' una bevanda che si ottiene per aggiunta di ingredienti, ma il risultato di un lavoro serio e attento!

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